lunedì 22 febbraio 2010

Pesto e cioccolato

Quello che mi piace dei ticinesi è che si danno un gran da fare a prendere in giro gli italiani (spesso neanche troppo bonariamente), e poi, però, si appassionano a tutto quel che avviene nel Belpaese. Qualche mese fa impazzava per radio e per televisione un concorso destinato ad eleggere la "chanzun rumantscha" (canzone romancia) per eccellenza, quella che gli svizzeri avrebbero riconosciuto essere la miglior rappresentante della minoranza linguistica che viene chiamata "quarta svizzera". E quando domandai al conduttore italofono della finale perché mai, tra tutto, proprio una canzone fosse stata chiamata ad essere eletta a simbolo dell'essere romancio, mi spiegò che la canzone è il mezzo di identificazione più facile, perché coinvolge tutti, e perché "unisce l'aspetto linguistico a quello della tradizione". E allora è a queste parole che ho ripensato quando, sabato scorso, il pubblico ticinese si è riunito negli studi della radio locale per eleggere il proprio, personalissimo, vincitore di Sanremo 2010. Stessi concorrenti, classifica diversa. Ma al di là dei risultati, questa strana gara canora - ribattezzata, unendo la gastronomia ligure e quella rossocrociata, "Pesto e cioccolato" - fa capire quanto, pur distaccandosene a parole, i ticinesi abbiano a cuore la cultura popolare italiana, e in fondo quanto ci si riconoscano. Un modo quasi inconsapevole di entrare a far parte dell'italianitudine, reclamando innocentemente il proprio diritto a votare la preferita tra le canzoni azzurre. Meglio sorridere e godersela... Perché verranno anche i tempi dei mondiali (di calcio). E lì, vedrete, sarà... tutta un'altra musica.

(ah sì, per la cronaca, qui ha vinto Arisa)

lunedì 15 febbraio 2010

Perché agli svizzeri piace il curling


Tempo di Olimpiadi invernali... Si poteva non parlarne? Assolutamente no, anche perché lo svizzero medio va in brodo di giuggiole per tutto quel che ha a che fare con la neve. E così sabato mattina la donna-che-vive-in-Ticino può sorridere tranquilla per il fatto di sentirsi dire dal coniuge "Sai, avrei invitato Tizio e Caia a mangiare da noi, questa sera", pregustando una bella occasione di chiacchiere e amenità. Può sorridere, dicevo, e magari preparare anche una bella cenetta, ma di questi tempi si ritroverà quasi sicuramente a contemplare insieme ad un'altra donna-che-vive-in-Ticino il rispettivo compagno perduto nei menadri del tubo catodico, con gli occhi fissi sullo schermo del televisore in cui passano giovanotti vestiti con tutine strane e bianche distese gelate. Poi d'un tratto ci si siede a tavola e un barlume di conversazione si accende nella mente dell'uomo di turno. "Amore?" dice. Risponde tutta speranzosa la donna-che vive-in-Ticino: "Sì, caro?". "Potresti spostarti un po' più a destra? Così non vedo la tv...". Insomma, alle donne-che-vivono-in-Ticino non resta che unirsi nell'attesa e farsi complici preparandosi una bella dose di caffè. La gara di salto con gli sci finisce, l'atleta svizzero ha vinto l'oro e finalmente si può spegnere la televisione, felici e contenti. Giusto? Sbagliato: "No, no, cosa fai, adesso giochiamo un po' al videogioco del curling!". E' un po' di tempo, ormai, che mi chiedo che cosa trovi di bello lo svizzero nel curling. Non penso di essere arrivata a una conclusione degna di nota. Fatto sta che ci sono una specie di palla (o meglio un grosso disco che scivola), otto maschi che giocano credendo di utilizzare tattiche precise e un bersaglio da colpire. Penso che questo agli uomini possa bastare. Sulle donne ho un'altra teoria: perché nonostante la donna-che-vive-in-Svizzera rimiri la partita con un'annoiata aria di circostanza io sono sicura che dentro di sé sogghigni compiaciuta. Anzi, probabilmente è stata proprio lei ad inventare questo sport. Perché diciamocelo, in quale altro contesto è possibile vedere un uomo darsi tanto da fare per pulire il pavimento? Già mi vedo le scene in casa degli atleti rossocrociati, con la donna che strilla "Amoreeee, secondo me oggi dovresti allenarti un po'..." e gli tira il mocio Vileda. Quasi quasi trovo una squadra anche per mio marito.

venerdì 12 febbraio 2010

Ogni scherzo vale...


Dici "svizzero" ed immediatamente pensi a un banchiere in giacca e cravatta, scrupoloso e rispettoso delle regole. L'immagine del rigore, insomma. Poi, invece, giri per le città e i paesi in una tranquilla giornata di inizio febbraio e ti capita di vedere gente vestita da bianconiglio, gente vestita da contadino, gente vestita da regina di cuori. Sì, è Carnevale e per il Ticinese medio la festa del mascheramento è una tradizione imprescindibile. Sarà che davvero, per tutto il resto dell'anno, gli svizzeri sono il ritratto dell'ordine, pagano tutte le loro tasse e non parcheggiano mai l'auto in seconda fila. E allora quella ricorrenza annuale per cui ogni regola viene capovolta, il periodo in cui - come si dice - "ogni scherzo vale", qui viene assaporato fino in fondo. Ma sempre in Svizzera si resta, e va da sé che il tutto è organizzato in modo più che rigoroso: ogni centro abitato (o quasi) ha il suo personalissimo Carnevale. E ogni Carnevale ha... un nome ben preciso. A Bellinzona è il Rabadan, a Locarno la Stranociada, a Chiasso il Nebiopoli, a Lugano Ul Sbroja. E così via... Ogni Carnevale ha i suoi regnanti: un re, una regina o - nei casi più evoluti - un primo ministro. E ognuno dei regnanti riceve, durante una cerimonia festosa e formalissima, le chiavi della città dal rispettivo sindaco (che in genere, per l'occasione, si maschera a sua volta), dando così il via ai festeggiamenti. Per una settimana, la città sarà nelle loro mani. Feste, cortei, musica e concorsi. E tanti eccessi, anche. Radio e televisione trasmettono in diretta le sfilate dei carri, i giornali pubblicano paginate di classifiche e foto, i rioni di quartiere preparano gnocchi e risotto. Tutto gira intorno al carnevale, festa in cui lo svizzero riesce a concertare eccesso e legge, disordine e ordine, sovvertimento e regole. Riuscendo comunque a dare al tutto l'aria - obbligatoria - di grandissima cagnara. Non è, questa, suprema svizzeritudine?