mercoledì 25 novembre 2009

Premessa

Casi della vita: due anni e mezzo fa me ne stavo seduta tranquillamente nella cucina di mia madre, a Como, e con spirito campanilista di confine sentenziavo: "non mi metterò mai con uno di quegli uomini fanatici di calcio, non mi metterò mai con un collega e soprattutto non mi metterò mai con uno svizzero". E adesso eccomi qui, come una perfetta profezia che si autoavvera, con un marito bellissimo ma inequivocabilmente calciofilo, collega e.. rossocrociato. Ma non è finita qui, perché svizzera (o quasi) lo sono diventata anche io: trapiantata in pianta stabile in Ticino. Inutile dire che l'ironia di amici e parenti (beh, quelli tricolori, è ovvio) si è abbattuta inesorabile su di me. Marcano un pesante accento alla Aldo, Giovanni e Giacomo, azzardano frasi in dialetto e mi chiedono se sono pronta per la "straMendriso" (che tra l'altro esiste davvero). Insomma, quella fortunata imitazione degli svizzeri si è trasformata improvvisamente in una spada di Damocle che pende sghignazzante sulla testa della sottoscritta. A torto, perché in realtà quei tre della Svizzera non avevano capito niente. Gli svizzeri, quelli veri, sono molto peggio.

E allora adesso ve la racconto io, la Svizzera.


Nota ad uso di marito e conterranei: dai, un bel sorriso! Come diceva quello là, non ridiamo di voi, ridiamo con voi.