lunedì 29 marzo 2010

Attenti al lupo

Lucio Dalla poteva certo predicare di stare tranquilli, ché in fondo anche con i grandi predatori basta usare un po' di cautela; così, spensierato, attraversava il bosco confidando solo nell'"aiuto del buon Dio". Ma il Ticino è un popolo di gente eminentemente pragmatica; la metafisica non piace troppo, prima si guardano gli effetti pratici, poi si può discutere di tutto il resto. Così, l'arrivo di un lupo in una valle, non viene certo salutato con indifferenza. Assolutamente no: ad ogni comparsa dell'animale, in Gran Consiglio (vale a dire l'analogo del Parlamento italiano) è tutto un fiorire di interpellanze, domande, questioni. Cosa fare? Come agire? Lo dicevo qualche settimana fa, qui l'agricoltura e la pastorizia non sono certo attività collaterali, col bestiame non si scherza. Da notare che, per fortuna, al momento non si sono visti branchi: negli anni scorsi sembrava essere un animale solo, quest'anno invece i lupi accertati sarebbero due. E al di là di un paio di povere pecore che ci hanno rimesso le penne (ma si può dire, per una pecora? "Ci ha rimesso il manto" non suona tanto bene) l'allarme non sembra terrificante. Però si sa, prevenire è meglio che curare, e il problema più pregnante, a questo punto, è capire come evitare che i due seguano le indicazioni della Genesi crescendo e moltiplicandosi. Il fatto che i lupacchiotti in questione siano due maschi non sembra affatto tranquillizzare gli interessati. Insomma, al cinema i lupi mannari vanno improvvisamente di moda, ma nella vita reale ed eminentemente pragmatica del contadino ticinese, non c'è posto per le amenità. Eppure io mi chiedo: possibile che due singoli lupi possano suscitare tanta indignazione? Poi, la scoperta: i due esemplari arrivano dalla vicina Italia. E, improvvisamente, non so come, tutto diventa più chiaro...

martedì 23 marzo 2010

avviso ai naviganti

pazientate, pazientate.. lo so, sono in ritardo ma anche in Svizzera ci si ammala.. torno presto, promesso!

lunedì 15 marzo 2010

Lessico particolare

Una volta, quando non ero "svizzera" (tra virgolette perché tecnicamente non lo sono ancora) ma semplicemente una pendolare tra le tante, mi capitava di starmene sul treno e imbattermi in qualche italiano che per la prima volta metteva piede sul suolo elvetico. Mi ricordo ancora un toscanaccio, chiacchierone - anzi, logorroico direi - che con tutta l'innocenza del mondo mi disse: "Ma alla fine, in Svizzera, l'italiano lo parlano tutti!". Per non parlare di un tizio che qualche tempo fa, in vacanza, mi disse impertinente: "Vabè, dai, adesso è già qualche anno che lavori in Svizzera... Qualche parola di svizzero l'avrai pure imparata...". Eccome se ne ho imparate! Però, una volta per tutte, sarà bene precisare che la Confederazione ha tre lingue ufficiali (tedesco, francese e italiano) e una quarta (il romancio) che è considerata nazionale. Dunque, niente "svizzero". Anche se, diciamocelo, lo Schwytzerdütsch ha ben poco in comune con il tedesco ufficiale. E lo svizzero-francese fa sorridere per molte espressioni il turista-di-Parigi (sempre i soliti snob). Così, non è certo un mistero, anche il "ticinese" è una lingua a sé stante, simile all'italiano ma non del tutto identica. Capace di proporre perle come i termini "natel" (il cellulare), "rolladen" (tapparelle) e "trèning" (tuta). (Sì, sì, ok, l'ultima parola sarebbe in realtà "training", all'inglese, ma loro la pronunciano come ho detto io: trèning). A parte qualche orrore incontestabile, comunque, i ticinesismi - derivanti dalle forti influenze delle altre comunità linguistiche nazionali - hanno il pregio di arricchire la lingua, che risulta in definitiva molto dialettale ma altrettanto pittoresca. "Fammi un colpo di filo, neh" mi capita di sentire a volte quando qualcuno mi chiede di fargli una telefonata, e io mi immagino l'interlocutore a casa sua, che vede il telefono muoversi perché io, dall'altra parte, ho tirato il cavo - memoria di tempi passati in cui i telefoni avevano ancora effettivamente un filo. Da notare anche che, mentre il fascismo in Italia coniava espressioni come "fuori gioco" e "fallo" per evitare la proliferazione di parole straniere nel gergo calcistico, gli svizzeri continuavano invece a usare il lessico anglofono. Con il risultato che, oggi, trionfano ancora in tutta la loro internazionalità, quando assistono alle partite di "footbàll". Rigore mancato? Niente insulti all'arbitro: come veri gentlemen inglesi gli spettatori (almeno quelli di una certa età) non si scomporranno. Tutt'al più si limiteranno a domandare al vicino: "Eh, ma l'era mia penàlti?"

p.s. per tutti gli interessati è ovviamente lettura consigliatissima (nonché divertentissima) "Lo svizzionario"


lunedì 8 marzo 2010

Animali come noi

Non crediate, solo perché alla fine il popolo elvetico ha deciso per un sonoro "no", che tutta la faccenda dell'avvocato degli animali sia sorta in Svizzera per un semplice caso. In realtà resto convinta che un'idea simile potesse venire solo ad uno svizzero. Riassunto delle puntate precedenti: nello scorso weekend il popolo rossocrociato ha espresso il proprio voto su un'iniziativa popolare che proponeva di introdurre - appunto - un avvocato per gli amici a quattro zampe (ma anche a due, tre, cinque, ci mancherebbe), e che è stata bocciata sonoramente in tutti i Cantoni. Poco male, comunque: Fido e compari sono già ampiamente tutelati legalmente. In ogni caso, che l'iniziativa sia sorta proprio qui è indice dell'atteggiamento che in generale il cittadino confederato nutre nei confronti della natura. Cioè di affetto, rispetto, ammirazione. Perché la Svizzera non ha pascoli verdi solo nelle cartoline, e qui la civiltà contadina ha ancora una sua posizione centrale: con musei e cartelloni pubblicitari, per esempio. E anche con l'educazione: ho una nipotina-svizzera che, finché è andata alle elementari, ogni anno con la sua classe si è recata per una settimana in un rifugio di montagna. Niente a che vedere con la settimana bianca però: la chiamano "scuola montana" (ehm, almeno mi sembra..) e i bambini si dedicano ad attività nel verde e passeggiate nei boschi. In fondo, non sarà certo un caso che quella bambina anche un po' odiosetta a cui "le caprette facevano ciao", fosse proprio svizzera. Il Perry Mason di cani e gatti era certo un'idea eccessiva; ma è comunque indice di qualcosa. E poi, per la cronaca, qui la legge sugli animali è già piuttosto elaborata: tanto per dirne una, prescrive che gli animali "sociali", come criceti e cocorite, siano sempre accompagnati da un partner. Maschio o femmina, non viene specificato. Quando si dice "coppie di fatto"..

lunedì 1 marzo 2010

Sguardi e turisti

Non stupisce che, in un momento come questo - tra scudi fiscali, battaglie con la Libia e la minaccia addirittura di una guerra santa (lanciatale da Gheddafi) - la Svizzera si ritrovi ad interrogarsi sul rapporto che ha con gli stranieri. E dato che siamo pur sempre nella nazione delle banche e della monetizzazione, la prima riflessione va dritta al turismo. "Chi sono i turisti che arrivano nella Confederazione? E, soprattutto, cosa pensano di noi?", si chiedono i confederati. Ed ecco che, nella capitale, sta per aprirsi un'esposizione precisamente dedicata all'argomento: si chiama "Fascino svizzero" (dato il titolo di questo blog non si poteva proprio non citarla!), e mira a indagare l'immagine che le guide turistiche dipingono del territorio rossocrociato. Perché l'occhio dei "supervisitatori" incaricati di redigere gli articoli non può che essere indicativo di come la Confederatio viene vista all'estero. Vedremo (alla Biblioteca nazionale svizzera, dal 12 marzo).


p.s. sì, post corto... ma lasvizzerabellezza questa settimana è a New York. sempre, comunque, sulle tracce degli svizzeri!