mercoledì 29 settembre 2010

In punta di piedi


Non scriverne è difficile; scriverne, però, ancora di più. Per chi vive in Italia gli svizzeri sono quelli un po' lenti che corrono la stramendrisio e mangiano il ghiacciolo al tamarindo, da guardare con un sorriso non troppo simpatico - è vero - ma comunque condiscendente. In Ticino, invece, per tanti loro sono i "tagliàn". Una parola detta spesso con aria ironica, ma è un'ironia diversa, un po' risentita. Un'espressione che insieme significa tante cose, ma che soprattutto ha in sé un certo disprezzo, coperto malamente da un "dai, tanto si dice per scherzare". Lo scudo fiscale l'anno scorso non ha certo fatto impazzire di gioia la Confederazione, ma paradossalmente quello che a certuni piace ancora meno è che ci siano lavoratori che vengono da "di là", che passano ogni giorno il confine perché "di qui" le condizioni salariali sono indiscutibilmente migliori, e magari c'è pure qualche possibilità in più. Quanto disturbano, questi frontalieri, poi sai quante code in autostrada si formano per colpa loro? Sono come topi che vengono a rubare il nostro buon formaggio. Non siamo ancora fuori dalla crisi, e non è certo solo in Svizzera che fenomeni sociali di questo tipo si esacerbano. Per fortuna c'è l'indignazione pubblica. Quella sì, ci fa ancora sapere di essere effettivamente in un Paese civile, nato dall'integrazione di culture diverse. Perché la Svizzera è davvero questo: "una sorta di piccola Europa ante litteram".

martedì 28 settembre 2010

Bellezza e potere

Paese che vai, miss che trovi... Dai, lo dico subito così poi non ci penso più: sì, sabato sera anch'io mi sono messa davanti al televisore per guardare il concorso di miss Svizzera. Un'esperienza. Naturalmente ero animata da nobili intenti: "Mi serve per il blog" ho detto a quello sventurato svizzero di casa, che a quel punto non ha più osato opporsi. In realtà, diciamocelo, non resistevo all'idea di guardare le coroncine e i vestiti, e soprattutto di sparare a zero sulle candidate a mio avviso meno idonee (si sa, siamo donne...). Però, a visione ultimata, devo dire che l'elezione della reginetta nazionale può essere senza dubbio inscritta nella lista dei motivi per cui è forse (forse) meglio abitare in Svizzera che in Italia. Motivo numero uno: le candidate che arrivano alla serata finale sono dodici. Non cento. Non sessanta. Dodici. Così puoi effettivamente cercare di capire qual è la tua preferita, senza trovarti a dire "mamma ma qual era quella che piaceva a noi?". Motivo numero due (conseguenza logica del motivo numero uno): lo spettacolo dura in tutto poco più di due ore. Il che è ben diverso da quella litania allungata a dismisura che ci propina la Rai ogni anno (tre serate... quasi come a Sanremo). Le candidate sfilano, si presentano, dopodiché si vota; da dodici ne restano sei, altra sfilata e altro voto, e si arriva così al terzetto del podio. Fine. Hai la consapevolezza che, se inizi a vedere lo show, non dovrai poi restare in piedi fino a tarda notte per la curiosità di sapere chi ha vinto. Né spegnere la tv sconsolata a mezzanotte e un quarto pensando "vabè, lo saprò domani dal tg". Motivo numero tre (il più importante): le prove. In Svizzera sono saggi e hanno capito benissimo che una miss deve avere una sola qualità: essere bella. Mica intelligente o con una gran storia strappalacrime da raccontare. Solo bella, del resto non c'importa. Tanto lo sappiamo benissimo tutti che "non è detto che le belle siano oche", suvvia, niente buonismo. Dunque, nessuno sforzo nel mostrare neuroni e talenti speciali. Semmai si mettono le candidate sul set di un servizio fotografico. Oppure... si fa provare loro l'esperienza di un'arrampicata su una parete di roccia. Lo so, fa riderissimo, ma le poverette si sono trovate davvero di fronte a questa sfida. Che c'entra poco con l'essere una miss, sono d'accordo. Però in fondo c'entra molto con l'essere la rappresentante del Paese più montagnoso d'Europa (almeno, io, riflettendo, ritengo che sia l'unico motivo plausibile per avere inserito questa prova nel concorso. Poi, oh... sono svizzeri). Allora ricapitolando, possiamo dirlo: quanto a miss, Svizzera batte Italia. Tanto poi siamo ben consapevoli del fatto che la Svizzera va invidiata soprattutto perché da qualche giorno il suo governo è a maggioranza femminile (e, malgrado ciò, non c'è nemmeno una soubrette). Ma a questo è meglio non pensare...

(per dovere di cronaca, la nuova miss Svizzera è questa qui. Sta con un calciatore. Segno che no, i cliché non hanno proprio confini)

mercoledì 22 settembre 2010

Regina di cuori

A me le carte sono sempre sembrate oggetti carini. Per dire, ho una zia che le colleziona, e io stessa confesso di aver comprato un paio di mazzi solo perché mi piacevano i disegni. "Ne faccio magari un quadretto" mi dico osservandole con il sorrisino tipico della sindrome d'acquisto compulsivo. Poi, inutile dirlo, una volta arrivata a casa le apro, faccio un solitario e convengo che farne un quadretto sarebbe un'idiozia, e le dimentico in fondo a un cassetto. Fine della storia. Per un uomo, invece, le cose sembrano diverse. L'aspetto estetico non viene nemmeno preso in considerazione. Il sorrisetto ebete invece c'è, ma si manifesta nei confronti del Gioco con la G maiuscola. Sì, il poker. Mi ero sempre chiesta chi diavolo potesse essere lo spettatore medio di un canale dedicato a questo genere di attività (vi è mai capitato di zappare accidentalmente e guardarne qualche minuto? cioè, giocano a poker TUTTO il tempo!). Poi mi sono resa conto che ne avevo in casa uno; per carità, niente di male, eh. Sono stata anche istruita a dovere sulle regole del texas quel che è, perché "è appassionante, vedrai". Inutile dire che non ho capito niente, e che avendo Marie Claire a portata di mano la mia attenzione ha vacillato vistosamente. Vabè. A me mica piace tanto questa faccenda del puntare soldi e tutto il resto, sono ancora memore della lezione di Regalo di Natale (La rivincita di Natale dai, faccio finta di non averlo visto). Però ammetto che, a capirlo, il gioco potrebbe anche avere risvolti interessanti. Poi arriva il giorno in cui senti dire che quel tale amico ogni tanto si trova con altri suoi amici per una partitella, e che chissà, "magari una volta mi unisco anch'io". Alché tu, la stessa che in casa viene soprannominata "la Drammatizzatrice" per la sua attitudine a ipotizzare scenari apocalittici, inizi a visualizzare l'immagine di te, qualche anno più in là, con due bambini piccoli affamati e le pezze sui pantaloni, mentre attendi con ansia tuo marito sperando che non si sia giocato la casa. "Ma guarda che noi mica giociamo a soldi, sei matta? E' solo per divertirci" dice lui. E per tranquillizzarti vi fate una partitina a due (in effetti anche se perdi clamorosamente è divertente!).
Ecco, ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è da considerarsi puramente casuale, mi viene da dire adesso. Anche perché presumo che in realtà questo scenario possa adattarsi alla perfezione a gran parte delle famiglie svizzere. Tanto che, per contenere l'ondata di "pokaholic" dilagante un po' per ogni dove, il governo ha deciso qualche mese fa di classificare il Texas Hold'em (visto? lo so come si scrive!) come gioco d'azzardo, proibendone tutti i tornei. Esclusi, ovviamente, quelli organizzati all'interno dei casinò. Che senso avrebbe, altrimenti, avere 19 case da gioco sottostanti alla vigilanza statale? Un panorama d'oro per gli amanti del gioco d'azzardo, e in effetti - non è certo un mistero - il turismo dei Casinò è per la Confederazione una risorsa non da poco. Mica vorremo però credere che non ci si curi del risvolto poco etico della faccenda, vero? Le case da gioco, in Svizzera, sono tenute a versare una piccola (ma comunque ricca) quota dei propri introiti alle amministrazioni delle regioni che le ospitano, per finanziare attività turistiche, sportive, ricreative e culturali. Tutti contenti allora. Tranne, ovviamente, i dilettanti giocatori di poker, che ora sono in rivolta. "Si continua a giocare dappertutto" rivela una recente inchiesta pubblicata da swissinfo. "Ufficialmente sono tutti tornei freeroll - spiega - ma naturalmente le quote d'iscrizione e le vincite sono ben reali, basta non gridarlo ai quattro venti". Suona familiare... Com'è che diceva, quello là? "Ma sei matta? Mica giochiamo a soldi!". Cosa dite, c'è da preoccuparsi? Tutto sommato devo ricredermi: il canale tv del poker non era poi tanto male...

venerdì 3 settembre 2010

un bel tacer non fu mai scritto

Storie, racconti, filastrocche, e poi pensieri. Su un palchetto improvvisato nella corte casalinga di un paese, qualche panca per sedersi e poi solo la voglia di ascoltare. Ad Arzo, piccolo paesino di montagna a due passi dal confine, ogni anno l'ultimo finesettimana di agosto si procede al recupero di quella tradizione dell'oralità che oggi ci fa venire in mente gente come Omero e gli aedi, o se va bene le corti dei nobili rinascimentali e i menestrelli. Narratori e cantastorie (eh sì, ora lo chiamiamo "teatro di narrazione" ma esiste ancora) popolano per tre giorni le case del paese, in una giostra di scatole magiche da aprire e ascoltare. Sarà che in Ticino lo strapotere della televisione non ha ancora del tutto soppiantato quello della radio, che molti accendono in casa, la sera, o la domenica mattina, tanto il territorio è talmente piccolo che tra gli ascoltatori che chiamano e vengono passati in diretta qualcuno che si conosce ci sarà senz'altro. L'ascolto piace, rilassa, fa sognare. Provare per credere, una sera al posto di cenare con la tv accesa, provate a tenere solo la radio... Ogni anno, alla fine del festival, mi dico come sarebbe bello vederlo in una versione più estesa e di richiamo, magari in città, magari maggiormente pubblicizzato. Ma poi, in fin dei conti, la parte più grande del suo fascino sta proprio in quell'impostazione intima, casereccia, come di una perla trovata sulle montagne per chissà quale motivo. E poi, per ascoltare bene ci vuole il silenzio. E non è cosa da poco.